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Quattro chiacchiere con Anna Karenina

di Chiara Tortorelli



Oggi abbiamo un'intervista con una persona speciale. Direttamente dalla Russia di fine Ottocento, arriva per noi del Magazine Anna Karenina.

Ci affrettiamo trafelati sul binario del treno, allestito per l’occasione con neve di poliestere e vagoni stile Orient Express, ed eccola d’un tratto apparire, avvolta nell'immancabile pelliccia scura, l’abito nero lungo e gli occhi liquidi ed enigmatici.

Con la troupe ci affrettiamo a raggiungerla… «Benvenuta, signora Anna Karenina, moglie di Karenin e amante di Vronskji… Ha fatto buon viaggio?»

Lei si schiarisce la voce, deposita la valigia lussuosa, alza gli occhi alla cupola della stazione di Milano, sembra stupita e interdetta. Poi sussurra: «Scusate, dove mi trovo?»

«Tranquilla, signora… Il viaggio è stato lungo perché lei ha viaggiato per circa un secolo e mezzo, ma finalmente è approdata negli anni Duemila, in Italia, a Milano».

Anna Karenina sbatte le palpebre e le ciglia lunghe sembrano farsi ali di farfalla sul volto: «Anni Duemila??? Italia…? Milano…» balbetta «Ma cosa è accaduto? Dov’è Lev?... Sa di tutto questo?»

«Non si preoccupi, Lev Tolstoj ha già dato il suo permesso, anzi l’idea è partita proprio da lui. Voleva sapere se il suo personaggio conservava un’attualità anche in società completamente diverse e dopo anni e anni di Storia… Come si sente?»

«Ah io bene… Ho fatto il viaggio con donne molto particolari, che viaggiavano in compagnia di strani rettangoli grandi e piccoli. Scatole piene di colori che mi hanno attratto, sbirciando si vedevano anche lettere, sembravano libri luminosi che cambiavano di continuo al tocco delle dita… Una sorta di magia».

«Bene, ha già fatto conoscenza con gli smartphone allora… Noi della nostra epoca comunichiamo così, con queste scatole che sono modi per parlare con gente che è lontana, modi per avere notizie di ciò che accade dall'altra parte del mondo e anche modi per leggere… Il libro che racconta di lei, ad esempio, può venir letto oggi su un I-pad, un altro strumento, un po’ più grande dello smartphone»

Ci guarda basita e come frastornata.

«Ora però, ci permetta di farle qualche domanda. In fondo se è venuta fin qui è per essere intervistata… Iniziamo allora dalla domanda più scottante. Perché ha deciso di farla finita sotto un treno togliendo così a milioni di suoi lettori la speranza di vederla finalmente felice con Vronskji?»

Si sfiora la gonna di taffetà, poi a voce bassa: «L’amore non è fatto per durare né per essere felice. L’amore è un acme e come tale, destinato a finire. Come potevo resistere a vederlo sfiorire giorno dopo giorno, a vedere Vronskji distratto da sempre più cose… Come potevo rassegnarmi a vedere l’amore sbiadire tra le attività quotidiane… Sapevo che Vronskji infine mi era fedele, ma il suo sguardo… Sa, quello sguardo non raccontava più la passione, stavo diventando un oggetto tra gli oggetti, avrebbe avuto per me la stessa tenerezza che aveva avuto un tempo per Frou-Frou, la sua cavalla, mi avrebbe accarezzato la guancia, ma quell'impeto, quella dimensione struggente che lega gli amanti e che colora ogni più piccolo gesto di eternità rubata agli dei, quello sarebbe finito… E allora che vivevo a fare? Come potevo sopravvivere alla fine del nostro amore?»

«Anna, sa che nel Duemila amori così non ne esistono?»

Ci guarda e sbarra gli occhi. «E cosa esiste?»

«Gli amori liquidi. Noi lo sappiamo già che l’amore non è fatto per durare, ci sono studi neuropsichiatrici che dicono che l’amore/passione dura solo tre anni… E allora siamo rassegnati. Si passa da una relazione all'altra, in una specie di sabbie mobili, dove l’altro più che essere persona vera e propria è un oggetto di piacere e di trastullo. Siamo un’epoca che non regge la frustrazione. Donne assolute come lei sono incredibilmente arcaiche e fuori moda… Ci innamoriamo, mantenendo sempre aperta la porta ad altri amori, poi dopo un po’ le cose sbiadiscono, proprio come dice lei, ma nessuno finisce sotto un treno… Ci si consola».

«Ma guardi che non è che nel mio secolo sia diverso… Dipende dai temperamenti. Per esempio mia cognata Dolly… Dopo il tradimento di mio fratello Stiva, la situazione è rientrata e si sono stabilizzati su una quieta quotidianità, orientata alla famiglia e ai figli. Ci sono due amori che muovono il mondo: l’amore familiare orientato alla stabilità e alla sicurezza, e l’amore passione orientato all'Assoluto: nell'amore passione viaggi sempre in bilico… sai che può finire e se finisce lui finisci anche tu, che hai dato tutto sull'altare di quell'Amore».

«Anna, quale consiglio vuole dare alle donne di oggi, le donne liquide?»

«Sono la meno indicata io a dare consigli liquidi a una società liquida. Io credo negli attimi di Eterno. Ho preferito morire per eternare Amore. Comunque, direi alle donne dei vostri anni, credete agli Assoluti, se non fate spazio anche solo nella vostra anima a ciò che ha valore “umano”, siete inesistenti, già morti prima di nascere. E se siete dei personaggi, lo scrittore che v’incontrerà scriverà storie che non ispireranno nei lettori nessun ideale più elevato. E allora che ci state a fare su una pagina? Quale storia significativa potete raccontare ai posteri? Sarete alla stregua di fantasmi che non dicono niente e non portano da nessuna parte. Sarete oggetti da buttare appena letti e consumati…»

«Ottimo spunto e ottima riflessione per una società che fa del mercato il suo scopo finale. Così il nostro personaggio Anna Karenina si allinea a un grande mito della musica dei nostri tempi, i Pink Floyd. Se non volete essere come dicono i Pink Floyd “Another brick in the wall”, mattoncini, vuoti a perdere, lattine pronte all'uso e poi gettate via, pensateci. Scrivete di personaggi assoluti. Almeno questo sembra suggerire la nostra Anna».

Dal nostro Magazine è tutto. Grazie ad Anna Karenina per essere stata con noi e arrivederci alla prossima intervista.

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