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Homo Scrivens

Anteprima poetica - Emanuele Arciprete




Emanele Arciprete - Trentenne, napoletano di nascita (del 1990), bolognese di adozione. Dopo la laurea in Lettere Moderne, ho studiato Italianistica e critica cinematografica. Attualmente scrivo come giornalista. Cinema, Musica e Letteratura costituiscono il centro gravitazionale di tutte le mie attività materiali e spirituali.




Acqua di foce


Abbiate sempre cura di chi scrive.

Badate che non perda l’equilibrio

e offritegli la mano, se la chiede,

quando scende o risale

un gradino

o un crinale.

Il corpo di chi scrive, infatti, è come

un pozzo d’acqua colmo fino all’orlo:

può solo tracimare.

E l’acqua che trabocca

(inutile tentare d’impedirlo)

a seconda dei solchi o delle crepe

muta in due forme opposte.

La prima è come un mare sconfinato;

la seconda si snoda nella terra

tra rive parallele.

Né son diversi i tempi di chi scrive:

un tempo per la prosa

e un tempo per i versi.

Così, debitamente sbatacchiato,

un narratore avrà

il dono del naufragio

ed anche una leggera spintarella

vi frutterà una fiaba o una novella;

mentre, all’ennesimo scossone, il poeta

non saprà che bagnarvi d’acqua dolce,

sgocciolando per voi canti e sonetti

dalle molte e più varie dimensioni:

rivi saltellanti

d’agili senari

liete fonti d’ottonari

o lunghi martelliani con tanto d’emissari.

Vi sono, infine, quelle altre nature

a cui io stesso appartengo, a metà

tra il fiume e il mare. Duplici

le nostre vene e le nostre ferite.

Non di rado grondiamo

acqua di foce.



Il mio muro è franato


Il mio muro è franato

ben prima d’invecchiare.

Forse la malta era a buon mercato

o forse è stato un colpo di cannone.

Perché, caro fratello, ti sorprendi

s’io mi nego al silenzio

e parlo ad alta voce?

Un muro non è sempre

la soglia di qualcosa?



Noir


In fondo hanno ragione

i vecchi libri gialli:

è solito tornare

sul luogo del delitto

l’assassino.

Così t’ho vista far ritorno

scalza

perché nessun orecchio ti sentisse.

Ma io non ho più forza.

Mi manca ormai la voce

e come in obitorio

resto avvolto

dal sonno di chi è morto.



L’arte del bacio


Quella del bacio è un’arte che richiede

destrezza da chirurgo

e un occhio da ingegnere:

non meno lesto di tanti sicari

anche il bacio accoltella a tradimento;

e come il suolo stritola una casa

in piena notte, così il bacio sgretola

un cuore sonnolento.

Se alcune bocche d’automa van dietro

alla noia – e coloro che per caso

si bacino tediati

finiranno ancor più per annoiarsi –

altre bocche vi sono

che in un bacio coltivano la fuga

o che per fame restano annodate

– ma un falco e una colomba, lo sappiamo,

non vantano d’aver lo stesso becco.

Poiché le labbra sono come porte

schiuse alle nostre più care illusioni:

giova sempre capire chi vi bussa.



Inferno


Calato nel crepuscolo

comprendo

che forma abbia l’inferno

– la tenebra di Dio.

Ed è forma cosciente,

tutta umana;

ed è un corpo

recluso

dentro un corpo.



Autunno


L’estate già disfiora

e sui balconi

rintoccano le stille

come vecchie lancette d’orologio

ma non distinguo più

la loro voce

dal cuore che trabocca i suoi lamenti.



Assedio


Tra tante forme scolorite, anch’io

mi sento consumare dalla morte

e da questo suo eterno girotondo:

la incrocio nel piccione dilaniato

sull’asfalto, nel giovane poeta

già suicida, nel sangue e nell’odore

di un corpo che svanisce accanto al mio.



Epilogo


Nubi a passeggio;

un gufo le accompagna

a mezzanotte.





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