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Una stanza tutta per sé (Virginia Woolf)

Recensione a cura di: Anita Napolitano



L’opera: Si presenta come un saggio in forma di narrazione che nel suo genere è insolito: già all’inizio vengono tralasciati i preamboli di circostanza, la scrittrice giunge subito al centro dell’argomento: la sua riflessione su donne e scrittura.

Una stanza tutta per sé parte da una riflessione che diventa racconto. La scrittrice chiede alle sue interlocutrici di conquistarsi uno spazio proprio, una propria indipendenza economica che rappresenterebbe uno scudo protettivo rispetto alle intemperanze del mondo.

Un personaggio collettivo: In questo libro, Virginia Woolf racconta i passaggi della grande esclusione delle donne dalla storia della letteratura, condannate al silenzio da una cultura patriarcale.

La narrazione avviene attraverso la metafora degli spazi. Proclama per le donne la necessità di uno spazio tutto per sé: una stanza in cui la creatività possa trovare la sua voce. È un invito per le interlocutrici a visitare quei luoghi, biblioteche, università, ai quali tale creatività, per secoli, non ha avuto accesso; le invita a sostare davanti a porte chiuse, le costringe ad allontanarsi dai prati su cui non possono poggiare i piedi e vieta loro di consultare i manoscritti di una famosa biblioteca universitaria. Racconta persino del cibo in modo dettagliato e preciso che loro, le donne, avrebbero mangiato se fossero nate uomini, e quanto quello stesso cibo e vino avrebbe favorito profonde riflessioni. Poi, facendo ricorso al “facciamo finta che”, spiega implicitamente come le donne non avrebbero mai potuto scrivere i drammi di Shakespeare. Immagina così un’ipotetica sorella del bardo e conclude che, se avesse tentato come il fratello, pur essendo dotata come lui, di entrare nel mondo della letteratura, non avendo la stessa libertà, sarebbe rimasta per sempre una sconosciuta.

Dunque Virginia Woolf esorta le donne a scrivere, indicando soprattutto la funzione salvifica che la letteratura può assolvere.

Perché leggerlo: Questo libro è infine una riflessione sull’idea di androginia che la Woolf nutriva e che uomini come Coleridge, Shakespeare condividevano; è la denuncia da parte dell’autrice di quale concezione avessero uomini come Mussolini riguardo le donne che scrivevano. Una riflessione e un’esortazione per le donne a dedicarsi all’arte, nel 1928 ma è sempre attuale; e per chi ama la letteratura è un’occasione per analizzare tecniche di costruzione narrativa sicuramente innovative ed esemplari.

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