A cura di: Stella Amato
L’opera: Il romanzo ci conduce in casa di Otto e Sophie Bentwood, coppia benestante di mezza età, senza figli, residente in un sobborgo newyorchese della fine degli anni sessanta. Entriamo nella loro vita attraverso l’accurata descrizione della tavola imbandita per il pranzo, poi lo sguardo si allarga alla stanza fino alla porta finestra che dà sulla veranda. Di fronte, dall’altra parte della strada, le abitazioni della classe più disagiata, vista da loro con commiserazione e sospetto. Questo è il primo segno di un malessere che si rivelerà, pagina dopo pagina, a partire dal morso di un gatto randagio che Sophie riceverà mentre gli dava da mangiare. Quell’insignificante ferita metterà in luce tutte le contraddizioni nascoste nella loro pacata e ben riuscita esistenza.
Il personaggio: Sophie Bentwood è una donna che vive nella placida tranquillità della sua condizione privilegiata ma, di fronte all’improvvisa e imprevista irruzione di un’immotivata violenza ai suoi danni, sarà costretta a fare i conti con quello che nasconde la facciata. Insieme alle crisi e ai suoi capricci entreremo sempre di più nella sua vita, che si fa paradigma di una decadenza morale e sociale mostrata attraverso episodi casuali, ma metaforici. Sophie sembra essere una donna bambina che vive all’ombra del marito avvocato, separatosi dal socio dello studio e suo migliore amico, Charlie Russel, per motivi economici ed etici: Otto vuole mantenere la sua ricca clientela borghese, Charlie vuole occuparsi anche della classe sociale disagiata. Sophie ne diventerà l’amante, per noia, ma anche per dissenso verso l’ottuso conservatorismo del marito, sebbene sia proprio questo a garantirle il benessere.
Perché leggerlo: Per le descrizioni accuratissime che trasportano nel mondo raccontato, rappresentandolo perfettamente. Per la continua ricerca della verità attraverso il dubbio, la ferita, l’incrinatura di una superficie apparentemente perfetta.
Revisione di: Martina Megna
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