Valeria Belsito Petrizzi – Nata a Salerno nel 1972, ematologa ospedaliera. Da bambina gioco con le parole, trascrivendo versi su supporti improbabili, quasi per non consegnare al tempo i primi passi poetici. Poco prima dei quaranta, riaffiora con forza il bisogno di scrivere e scopro la solitudine come condizione ideale per la poesia. Nel 2013 partecipo a un concorso letterario a Torino, ottenendo una menzione di merito.
In seguito maternità e matrimonio mi "distraggono", poi, come tutto ciò che vive di vita propria, ritorno ai versi con una poetica più esile e penetrante, fatta di spunti spazio-temporali resi da una narrazione confabulante.
Temporalità
Forbice del tempo ti apri disarmonica,
complice la noia
che si abbarbica e rampica
e slabbra il divario.
Macabra
poesia dell'ordinario.
Nottetempo
Mille piccole luci
lievi baluginano
nell'oscurità della notte,
filtrano vita che dorme
nell'imminente risveglio.
Come mille tremule voci
nel silenzio annunciano
il coro del giorno.
Nel limpido cielo notturno
ogni palpito chiaro è così vivido
che in solitudine penso parole
e sento il loro nitido suono,
come flebili note,
in crescendo intenso
sospese, vibranti,
nel mio vuoto denso.
Da lontano
La memoria tattile,
un cielo stellato d'estate,
uno sguardo, un'attesa,
un brevissimo tocco,
il silenzio. E accontentarsi
di ciò che è stato,di quel che si ha,
anche se poi di più non sarà.
Pensando che stare 'senza' e 'con'
sia vana essenza e che tutto
sia vivo nell'inconsistenza.
Riflessioni di fine estate
I ricami delle foglie scure
sul tappeto indaco del cielo
della sera ondeggiano
e rivelano la trasognata indolenza
della natura, mentre inutili
si agitano le tempeste umane.
E la vita va via tra inutili affanni,
momenti di gioia, innegabili danni.
Tra quel che rimane del giorno
il caffè del mattino
resti di tempo affidati al silenzio
il viso bambino del mondo
il giro di vite che non è rotondo.
Di chi siamo
Siamo del vento, della foglia
lieve che accarezza
della terra umida di ottobre
della fresca passione del momento
della tenerezza informe
del bambino imprigionato e libero
che viene e chiama l’altro.
Siamo della storia e di nessuno.
A noi stessi non apparteniamo.
Viviamo nelle immagini limpide
che la memoria ama.
Piccole, sfocate, come di creature
mai venute al mondo, tormentate
dal ricordo, a volte matte,
nell’immobile sfondo di un diorama.
Altrove di dubbi
La mia anima erosa dal tempo
grida vendetta.
Vuole di nuovo gli abbracci,
i calici pieni, gli amici veri,i sorrisi,
gli sguardi da illanguidire,
per labbra coperte, protette.
Si rivuole il tempo di prima,
l’intimità delle bocche,
sussurri vicini, baci segreti,
clandestini ma umani.
Si naviga in acque storte con venti
diversi da terre lontane,
laddove inizia e finisce la storia.
E poi stallo, in un altrove
di dubbi e affetti alla prova
di come e perché affrontare le ondate.
E che fate? Che faccio?
Io sempre io sono,
qualcuno va via, qualcuno rimane
e inconsapevole fa il testimone.
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