
Il silenzio della sera
Le case
sono
il cimitero
dei vivi.
Nel mio abbandono
Nel mio abbandono
ho riassaporato il lungomare
ero il serafino
nell’atrio del paradiso
ero il gabbiano
posato su uno scoglio
Voglio vivere
Voglio vivere.
Voglio vivere e basta.
Nient’altro.
Come l’albero
che vive
e non sente sue le radici,
perde le foglie
e non se n’accorge.
L’albero vive
nel suo inconscio.
Non avverte
l’incombere della tempesta.
A noi spiriti terrestri,
tocca vivere
e sentirci vivere:
è l’ingannevole privilegio
che ci rende uomini.
Per non patire
non occorre morire,
occorre vivere,
vivere e basta,
nient’altro,
come l’albero.
Senza Titolo
Stride il conduttore del tigì:
lo strepito invade il salotto
e forma le crepe al soffitto.
Le sirene assassine che sogliono
ammaliare cantando i marinai,
ora s’aggirano per le contrade
in automobili fuori controllo.
Uccelli dalle ali obsolete
a bordo di gabbie volanti,
il cavallo è ancora stramazzato.
Il cuore squassa,
erompe dalla statua
che si stritola
fra la vivace freddezza
dei viandanti.
Luna di neve
Luna di neve:
le nubi si intanano
nelle convalli
Fiori di malva
Fiori di malva,
si raccolgono mine in terra santa,
una roncola i nostri tronchi scalva.

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