A cura di: Aldo Putignano
L’opera: Il passante che in quella grigia mattina del marzo 1897 avesse attraversato a proprio rischio e pericolo place Maubert… così inizia l’opera, e non ci è dato sapere perché mai, o come, costui si possa trovare lì, proprio lì. Di certo non gli sarebbe facile uscirne, una volta entrati, aggrovigliati da una prosa lussureggiante, alimentata da una ridda di subordinate e parentesi come mensole architettoniche, ad aprire nuovi vicoli, movimentati nella consueta vertigine della lista, con un narratore mai così loquace a restringere il campo e segnalare un percorso. E neppure ci sarebbe bisogno di tutto questo argomentare, perché il visitatore, nonostante la polvere spessa e le luci incerte, sa bene dove recarsi.
Il personaggio: Questo temerario passante in fondo siamo noi, noi che ci avventuriamo fra pagine spesse e oscure, noi che ci fidiamo dei suggerimenti di un narratore che pian piano si rivela e accende la luce, e ci rende manifesto come questo primo capitolo sia in realtà un prologo, e che neppure lui ne sa tanto, e che addirittura neppure il protagonista, che incontriamo nelle ultime righe a scrivere le pagine che verranno, ne sa molto di sé, e che per ricevere qualche risposta in più occorrerà camminare ancora a lungo, insieme.
Perché leggerlo: Scrive Carlo Tenca, e l’Autore (non più il Narratore, dunque) riprende in esergo: «Perché gli episodi sono pur necessari, anzi costituiscono la parte principale di un racconto storico, vi abbiamo introdotto la esecuzione di cento cittadini impiccati sulla pubblica piazza, quella di due frati abbruciati vivi, l’apparizione d’una cometa, tutte descrizioni che valgono per quelle di cento tornei, e che hanno il pregio di sviare più che mai la mente del lettore dal fatto principale». E io sono d’accordo con tutti loro: che fascino avrebbe una Storia, o anche una storiella, senza i suoi incidenti?
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